Ischia: Riscaldamento globale e smaltimento rifiuti. Quali gravi conseguenze avranno (anche) sul turismo nel breve e medio termine ?
“Rubbish crisis”, come la definisce il mondo intero, e offerta turistica. Ovvero, contraddizione in termini
Anche se volessimo continuare a mantenere il nostro tipico e discutibile atteggiamento fatalista, ci pensano i grandi media internazionali a riportarci la realtà dei fatti. Inesorabilmente. Tre anni fa l’Unione Europea portò a compimento uno schema commerciale di emissioni che si collega al sistema di crediti di Kyoto, il cosiddetto “Cap & Trade”. Rispettare determinati livelli di emissione di CO2 avrebbe garantito a ciascun Paese “virtuoso” una serie di crediti commerciali, quindi vantaggi economici, quindi feedback, che si sarebbero positivamente ripercossi sul PIL.
A 36 mesi dal lancio del programma i risultati sono abbondantemente al di sotto delle aspettative. Alcune commissioni di esperti, come ad esempio la Open Europe (Londra), parlano apertamente di completo fallimento. Ciò che viene analizzato, nel momento in cui si valuta il risultato di un intero continente, sono i numeri globali, frutto però dei valori prodotti dai singoli Paesi europei, tra i quali le differenze a livello di cultura ambientale e di attuazione di programmi realmente funzionali ad essa sono a dir poco macroscopiche. Se molti Paesi dell’Europa settentrionale e centrale brillano a livello mondiale per le politiche a tutela dell’ambiente e quindi della salute pubblica, altri dell’area mediterranea offrono al contrario un’immagine drammaticamente opaca e misera in tal senso. Tra questi ultimi, l’Italia è senza alcun dubbio sul podio. Da sempre poco sensibile e consapevole al tema ambientale, convinta come è sempre stata che tutto questo ben di Dio che la natura ci ha donato sia qualcosa d’immortale e invulnerabile, non riesce neanche lontanamente a reggere il passo con i Paesi più “avanti” in questo senso, anzi, si lascia tranquillamente sorpassare da chi in passato arrancava non poco, come la Spagna e il Portogallo. Aumentando ancor più la “messa a fuoco” lungo tutto lo Stivale, emergono poi ampie differenze tra le regioni, tra cui la Campania, che conquista, incontrastata, la posizione più alta, grazie alla sua costante, pessima politica ambientale (raccolta differenziata pari a meno di un terzo - solo l’8% - della media nazionale), che periodicamente produce “punte di diamante” come quella attuale. E se è pur vero, come scrive il grande De André, che “…dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”, questo assioma di grande poesia mal si applica nella realtà. Se l’aspetto sanitario e politico stanno offrendo spunto a innumerevoli dibattiti più o meno appropriati, l’aspetto economico (che significa principalmente TURISTICO) viene trattato meno, perché, come è peraltro giusto che sia, l’emergenza reclama soluzioni che guardino al qui ed ora. Che però “semina” per i tempi a venire, nei quali ciò che oggi sta giungendo in tutto il pianeta sulla Campania è quantomeno drammatico ancorché realistico. Uno sguardo ai maggiori quotidiani e mass media internazionali ci aiuterà forse ad acquisire maggior consapevolezza in merito. Alla data in cui scrivo, 12 gennaio 2008, il quotidiano britannico The Independent titola con un gioco di parole, “La puzzolente Napoli è solo l’apice dei mucchi di immondizia dell’Unione Europea”. In effetti l’articolo, molto circostanziato e onesto, cita anche gli altri Paesi europei che soffrono di frequenti crisi legate allo smaltimento rifiuti, come la Francia (forse troppo intenta a spettegolare sulla love story all’Eliseo per occuparsi d’altro?), l’Irlanda, la turisticamente lanciatissima Spagna e la Bulgaria. Tralasciando quest’ultima, gli altri Paesi sono riusciti a guadagnarsi però un’immagine turistica molto più forte della nostra e, in ogni caso, Napoli viene definita come un’enorme discarica a cielo aperto, il cui disastro ecologico è ben lungi dall’avere anche solo una prospettiva di soluzione. La BBC è invece molto più diretta: riporta le immagini qui al lato e parla apertamente di immondizia bruciata dalla popolazione esasperata da due settimane di sciopero dei netturbini, degli scontri con la polizia e dei feriti, delle gravi conseguenze sanitarie e della “…responsabilità della camorra nel sabotaggio degli sforzi volti alla costruzione degli inceneritori”. Cambiamo area e andiamo nel Paese che, fino ad oggi, rappresenta ancora il maggior flusso turistico, la Germania. La diffusissima, autorevole Süddeutsche Zeitung riporta, per ironia della sorte nella sezione “Panorama”: “Napoli discarica. Dei topi e degli uomini. Napoli sprofonda nell’immondizia: gli abitanti sono terribilmente stufi. E parassiti e criminali invece traggono profitto dal caos”. “Perlomeno i topi prosperano”, è la frase con cui parte il servizio, che fornisce una dettagliata cronaca, accanto alla paradossale verità, secondo cui a Napoli si paga la tassa sullo smaltimento rifiuti più alta d’Italia. Il circolo vizioso viene qui ben evidenziato: la spazzatura bruciata, anche quando non arde più, sprigiona diossina, l’aria ed il terreno ne vengono inquinati e il tutto confluisce poi negli alimenti. Inoltre, i medici temono la combinazione tra immondizia e calura estiva nei prossimi mesi nonché il rischio epidemia, in particolare di tifo e colera. Come dargli torto? Anche qui, come nei casi precedenti, si citano ripetutamente i due miliardi di Euro spesi dallo Stato italiano negli ultimi 14 anni per risolvere la crisi, con i risultati che vediamo, concedendo anche molto spazio alla camorra ed esponendo nel dettaglio le modalità con cui questa riesce a trarre enorme profitto dalla dissennata (non)gestione dei rifiuti. Secondo l’altro grande quotidiano tedesco “Die Zeit” esiste invece la possibilità che la spazzatura venga inviata in Svizzera, dove sono disponibili fino a 20 impianti di smaltimento rifiuti, in grado di assorbire tutta la produzione napoletana senza rischio di sovraccarico. Pure in questo caso, tuttavia, i titoli e le immagini sono di grande impatto: “Spazzatura fino alle pendici del Vesuvio. Napoli soffocata da montagne di immondizia. Un problema senza fine, che ha a che fare esclusivamente con la camorra”. In un contesto del genere, in qualche modo prevedibile in un Paese in stato di guerra o dopo-guerra, o anche in un Paese ipocritamente definito “emergente”, ma inaccettabile per uno Stato fondatore e membro dell’Unione Europea, risulta davvero impossibile pensare al protocollo di Kyoto, quando la nostra stessa salute è ad alto rischio e la nostra economia turistica va impietosamente in frantumi.
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