Ischia: E se ricominciassimo tutto daccapo ?
Più che di voltar pagina, questo è il momento di chiudere un libro e, si spera, aprirne un altro.
Cercando, possibilmente, di far di necessità virtù e imparando a diffidare della subdola autarchia, ancora oggi troppo radicata tra di noi. Erano diversi anni, ormai, che mi ritrovavo sempre più spesso a riflettere sulla china che il turismo della nostra isola stava discendendo, troppo spesso con poca consapevolezza della crescente gravità della situazione. Qua e là, tuttavia, subentrava però un qualche elemento consolatorio, riparatore, insomma si riusciva in una certa misura a metterci una zeppa. La conclusione spontanea era:
“Siamo vicini dal toccare il fondo, ma poi, un po’ per fortuna, un po’ per intuito e un altro po’ perché madre natura è stata infinitamente generosa con noi, quel fondo, pur sfiorandolo, non lo tocchiamo mai del tutto”. E così si tirava avanti, “abbozzando” di fronte alle tante carenze (in parte strutturali ma soprattutto organizzative), ai frequenti tonfi di stile nei confronti dei nostri ospiti, alle poche competenze contrapposte al troppo pressapochismo sia a livello decisionale che esecutivo delle aziende e delle amministrazioni comunali, alla forte competitività di altre destinazioni, all’immobilismo di fronte ad un mondo in profonda evoluzione (non ultima quella tecnologica), a tutto quanto insomma si ripete puntualmente da troppo tempo, ma che evidentemente non era ancora riuscito ad infliggere il colpo mortale all’isola. Ora ci siamo. Il dado è tratto. Le cause sono parecchie: in una sorta di “zoom in” virtuale si potrebbero suddividere in quattro blocchi. Il più macroscopico è su scala mondiale, poiché è innegabile che l’intera economia del pianeta stia attraversando un momento di recessione, anche se alcuni economisti, ma soprattutto i politici, stanno facendo carte false pur di non riconoscerlo. Ci girano intorno, cercano sinonimi, ma la realtà è inconfutabile, i motivi sono molteplici (ma mi sento di mettere tra i primi la sciaguratezza degli “imperatori del mondo”, ossia l’amministrazione Bush, il cui solo nome evoca il disastro provocato). Ma cerchiamo ora di focalizzare ragioni a noi un po’ più vicine: il secondo blocco riguarda l’Europa e l’Italia. In generale, l’economia del Vecchio Continente ha un andamento a onde e/o a scatti e comunque molto diversificato all’interno delle sue 27 realtà nazionali. La forza eccessiva dell’Euro sul cambio con il dollaro provoca d’altronde ripercussioni negative sulle esportazioni e sulla capacità attrattiva dal punto di vista turistico, riferendomi qui all’incoming da parte di tutti i Paesi extraeuropei, tra cui ovviamente gli USA. Un’Europa con un’identità ancora molto incerta politicamente e con un’economia altalenante si riflettono a loro volta sull’economia dell’Italia, già schiacciata dai suoi perenni mali cronici: criminalità organizzata, disoccupazione, pressione fiscale elevata in contrapposizione a forti carenze di servizi e strutture pubblici, investimenti pressoché inesistenti a favore della ricerca scientifica, del mondo accademico e della cultura in generale (con la drammatica e inesauribile fuga di cervelli all’estero), tutela dell’ambiente piena di se e di ma, e tanto altro ancora. Molti dei mali citati trovano poi la loro assoluta consacrazione in Campania e, ancor più, a Napoli (e siamo al terzo zoom in), dove gli ultimi 15 anni di criminale amministrazione della res publica hanno determinato conseguenze di una gravità inaudita, che non si limitano (si fa per dire) all’ambiente, ma investono in pieno la nostra salute, mettendo a rischio una quantità incalcolabile di vite umane, distruggendo nel contempo l’economia di tutta l’area attraverso la distruzione stessa del territorio e delle meraviglie che la natura aveva saputo creare. Come se questa fosse una sorpresa, si scopre che l’esplosione della vergogna-spazzatura a Napoli porta una serie di conseguenze nefaste all’economia di tutta la regione, con particolare incidenza nelle aree a forte vocazione turistica, come appunto le isole del Golfo. Che strano, i turisti (questa strana etnia-ombra) disertano Napoli e provincia, facendo registrare un decremento che, già allo stato attuale, ancor prima di iniziare l’attività stagionale, ha assunto dimensioni drammatiche. E sì che la promozione in serie A del Napoli aveva finalmente riacceso i riflettori sul capoluogo e sulle sue innegabili meraviglie artistiche e culturali, naturali e gastronomiche. Che si è subito provveduto ad infangare ancora una volta. Cosa resta da fare ad Ischia (punto d’arrivo dello zoom virtuale), visto che a Napoli, malgrado il sovrumano impegno di De Gennaro, la pianta velenosa seminata è difficilissima da estirpare? Da un lato è giusto sottolineare, a livello di comunicazione su tutti i mass media, che esiste una notevole differenza nella situazione tra Ischia e Napoli, dall’altro è altrettanto giusto farsi una sana autocritica e mettere così a fuoco i tanti punti deboli nel servizio di raccolta e smaltimento rifiuti sull’isola. E la promozione del nostro prodotto turistico dovrebbe assumere i toni di chi è consapevole degli errori sin qui commessi e s’impegna al cambiamento, piuttosto che essere incentrata su toni trionfalistici di chi si sente custode del paradiso terrestre. Un atteggiamento più responsabile riuscirebbe invece credibile o comunque degno di considerazione. Affinché questo irto 2008 possa servirci, oltre che da monito, anche d’insegnamento, dovremo riconsiderare l’intera nostra politica turistica, tanto in termini di tariffe che di servizi e di offerta. Le prime devono essere ridimensionate (in uno sforzo economico di cui dobbiamo farci tutti carico) per restituirci un po’ di competitività, i servizi e l’offerta devono essere invece valorizzati nella sostanza, non nella forma, come è avvenuto finora. Valorizzarli nella sostanza significa investire in competenze, riqualificando i vari livelli di operatori turistici, dal più basso al più elevato, cominciando a riformare gli organigrammi aziendali sulla base delle capacità professionali piuttosto che delle “aderenze” politiche o “doti” di ruffianeria. Inserire un po’ di sano rigore, di equilibrata e civile disciplina, accanto alla capacità di motivare e coinvolgere i propri collaboratori, controbilanciando con una sana autoanalisi e, conseguentemente, con l’eventuale fruizione di consulenti (magari in oursourcing, così da non pesare oltre misura sui costi) contribuirebbe a fornire dell’isola un’immagine finalmente più adulta, responsabile e, quindi, attendibile. Il che, tradotto in termini pratici, significa ad esempio affidarsi ad una valida agenzia di pubblicità e comunicazione, per costruire un nuovo linguaggio, che arrivi all’utente da trasformare in cliente o che dissuada il cliente che non vuol più tornare ad Ischia, che raggiunga insomma con efficacia i destinatari del messaggio. C’è in gioco il nostro futuro: è una motivazione sufficientemente importante per provare a cambiare ?
|