Italia: I problemi economici dell’Italia sono in gran parte legati al governo tedesco DEUTSCHLAND ÜBER ALLES
*DATI LINK E BIBLIOGRAFIA *DATI SU MERCANTILISMO
la politica tedesca, col termine di "mercantilismo", è registrata come tale anche - dal FMI (http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2010/wp10226.pdf), -dall’ILO,http://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/@dgreports/@dcomm/@publ/documents/publication/wcms_171571.pdf, - da De Grauwe, importante economista europeo DE GRAUWE EURO Symmetries.pdf (Oggetto application/pdf) - dal prof. C.L. Holtfrerich) - da Peter Bofinger, consigliere del governo di Berlino, influente economista, nel suo libro sull’euro, di cui alcuni estratti sono stati pubblicati su “Die Welt”: Un meccanismo di politica mercantilista ha avvantaggiato la Germania come si dimostra qui sui mercati intra-UEM.
*DATI SU SLEALE SVALUTAZIONE SALARIALE COMPETITIVA Secondo quanto comunicato da Eurostat il 20 dicembre 2012, la Germania con il 22.2 % ha la quota più alta di lavoratori con un basso salario di tutta l’Europa occidentale. In Francia sono solo il 6.1 %, nei paesi scandinavi fra il 2.5 % e il 7.7 % mentre la media dell’Eurozona è del 14.8 %. I dati ufficiali della Commissione Europea sull'evoluzione della competitività in diversi Paesi dell'eurozona nel periodo successivo all'introduzione della moneta unica si trovano scorrendo la documentazione parlamentare relativa alle modifiche al modello di Documento di Economia e Finanza (DEF) introdotte nel 2011, dove leggiamo che in esso, cioè nel DEF, deve essere contenuto il Piano Nazionale di Riforme (PNR). Il PNR, che costituisce la più rilevante novità del DEF, è un documento strategico che definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla cosiddetta “Strategia Europa 2020”. Tra le altre cose, il PNR indica gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività dei diversi Stati. E' un documento che viene redatto in strettissima collaborazione con le istituzione europee, seguendo il calendario del cosiddetto “Semestre europeo”. Sul "Sole24ore", un articolo di Vito Lops ci spiega che la Germania è l'unico paese che in Europa sta compiendo una "svalutazione competitiva". Sul dumping fiscale tedesco qui su Corriere l'intervista a Roland Berger, consulente del governo Merkel, in cui si dice che sono i sacrifici dei lavoratori tedeschi fra il 2000 e il 2010 che hanno permesso ai prezzi dei prodotti tedeschi di diminuire del 18.2% rispetto a quelli dell'eurozona, aumentando competitività ed esportazioni tedesche. László Andor, Commissario europeo per gli affari sociali, intervistato da FAZ.net, ha preso posizione con il rappresentare ai tedeschi questa “dura verità”: “le vostre politiche di dumping salariale hanno contribuito alla crisi Euro, non è tutta colpa dei latini”. Si riportano alcuni passaggi salienti: “Gli squilibri nell'Eurozona non sono solo il risultato di politiche sbagliate nei paesi in crisi. La Germania ha avuto un ruolo importante, con la sua politica mercantilista ha rafforzato gli squilibri in Europa e causato la crisi. In futuro dovremo seguire da vicino lo sviluppo dei salari a livello europeo e fare in modo che all'interno dell'area monetaria non divergano in maniera così forte, come è accaduto negli anni precedenti. La scorretta deflazione competitiva è dimostrata qui dalla Commissione europea. Nel 2011 il Centro Europa Ricerche scrive: ”Dal 1998 i salari reali tedeschi diminuiscono, rispetto alla media dell’Eurozona, dell’uno per cento all’anno… Non si sono avuti, invece, significativi guadagni di produttività relativa”. Più precisamente, la produttività totale dei fattori in Germania dal 1997 a oggi è aumentata di un modesto 5%, pari all’aumento conseguito dalla Francia e ben al di sotto di quello statunitense (13%). Quanto al progresso tecnico in senso stretto, l’andamento della Germania è in linea con la media europea. (CER 2011). Il recente successo della Germania si è basato sul taglio dei salari, scrive sul Financial Times Adam Posen, presidente del Peterson Institute for International Economics Krisenvorsorge.com e jjahnke.net ci ricordano le dimensioni della politica di moderazione salariale tedesca e i suoi effetti sociali. L’aumento di competitività della Germania negli ultimi anni rispetto ai partner europei non è venuta, osserva Sebastian Dullien, in uno studio appena pubblicato dallo European Council on Foreign Affairs, da un aumento della produttività, che anzi è cresciuta più lentamente nell’ultimo decennio che in quello precedente e non differisce in modo significativo dalla media del’eurozona. Il fattore decisivo è stato invece un ferreo controllo sui salari nominali, che a sua volta, insieme alla debolezza degli investimenti, ha generato il surplus dei conti correnti. Al basso livello d’investimento ha contribuito la compressione di quello pubblico, compreso in educazione e ricerca e sviluppo. La produttività del lavoro dal 1995 non differisce poi più di tanto da quella della media dei Paesi considerati (1,62 vs. 1,40), mentre il contenimento delle retribuzioni nominali (1,92 vs. 3,25) e soprattutto reali (0,41 vs. 1,14) si. (PINI) Prof. Roubini: http://vocidallestero.blogspot.it/2011/06/leurozona-si-avvia-al-crollo.html Prof. De Nardis: http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001966-351.html. Il salario industriale, lungi dall’aumentare con la produttività, è bensì sceso: del 14,5 per cento in rapporto al valore del prodotto medio del lavoro tra il 2002 e il 2007 (figura 3). (1) In assenza della necessaria spinta, retribuzioni e prezzi tedeschi sono scesi del 10 per cento circa rispetto ai partner (figura 4) e l’equilibrio macroeconomico europeo si è progressivamente allontanato. http://vocidallagermania.blogspot.it/2012/12/e-davvero-un-jobwunder.html Sul dumping salariale qui alla Daimler Politiche di moderazione salariale, in particolare nei settori non legati alle esportazioni, sono state bene illustrate al convegno dalle relazioni di un giovane economista tedesco Fabian Lindner e da S.Lehndorff dell’Università di Duisburg-Essen Europa: una crisi di debito o di bilancia dei pagamenti? - A.F. Presbitero, Università Politecnica delle Marche, pubblicato su linkiesta.it La Germania ha beneficiato di una minore inflazione (ultima colonna) grazie al contenimento del costo del lavoro (penultima colonna) ed oggi vanta il “record” del maggior numero percentuale di lavoratori a basso reddito di tutta l’Europa occidentale (il 22.2%, secondo Eurostat). In questo modo ha aumentato la propria competitività, a discapito dei partners europei (terzultima colonna) mandandoli in crisi. E' sui giovani, che cercano per la prima volta un lavoro, oppure sui meno giovani che lo perdono, che si concentra l'aggressione ai diritti e ai salari. E' soprattutto grazie a loro che la Germania vanta la più alta quota di lavoratori a basso reddito di tutta l'Europa occidentale (il 22.2%). In Germania, nel maggio 2008, il governo federale ha pubblicato in fascicoli il terzo rapporto su povertà e ricchezza. Già il secondo rapporto evidenziava come tra il 1998 e il 2003 il tasso di povertà in Germania fosse salito dal 12,1% al 13,5%, andando a colpire in questo modo 11 milioni di persone. Nel 2003 la soglia di povertà era pari a 938 euro mensili. Il terzo rapporto definisce “povero” un quarto della popolazione tedesca; la soglia di povertà, secondo la determinazione dell'Unione Europea, si è abbassata ed è attualmente di 781 euro mensili. Su lavoce.info” Nell’articolo “L’Europa disunita di salari e produttività” di Cristina Tealdi e Davide Ticchi vengono mostrati gli andamenti dell’inflazione, della produttività, dei salari e del costo del lavoro per unità di prodotto, i cui differenziali hanno non poco contribuito all’indebitamento con l’estero dei paesi mediterranei (e della Francia) *DATI SU INFLAZIONE Europa: una crisi di debito o di bilancia dei pagamenti? - A.F. Presbitero, Università Politecnica delle Marche, pubblicato su linkiesta.it La Germania ha beneficiato di una minore inflazione (ultima colonna e penultima colonna) I dati raccolti dalla Commissione Europea si trovano scorrendo la documentazione parlamentare relativa alle modifiche al modello di Documento di Economia e Finanza (DEF) introdotte nel 2011, dove leggiamo che in esso, cioè nel DEF, deve essere contenuto il Piano Nazionale di Riforme (PNR). Il PNR, che costituisce la più rilevante novità del DEF, è un documento strategico che definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla cosiddetta “Strategia Europa 2020”. Tra le altre cose, il PNR indica gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività dei diversi Stati. E' un documento che viene redatto in strettissima collaborazione con le istituzione europee, seguendo il calendario del cosiddetto “Semestre europeo” Sole 24 Ore on-line: un articolo di Vito Lops Usare l’inflazione per svalutare l’euro? Ecco come la Germania si è avvantaggiata sul Sud Europa. L’articolo incentra l’analisi sui “differenziali di inflazione” generati nei vari paesi dell’Euro-zona, ed ipotizza il fatto che la Germania abbia svalutato rispetto a tutti gli altri de-facto. (fonte: Destatis) la Germania ha un differenziale inflazionistico favorevole per circa 2,2 punti rispetto all’area-euro, che arriva, rispetto ai Paesi sottoposti a piani di rientro dal deficit fino a 4 punti (nel caso dell’Italia) Tale maggiore lentezza dell’inflazione tedesca, evidentemente, si riflette sui prezzi relativi, e quindi sulla competitività di prezzo all’esportazione, che contribuisce a spiegare i 76,9 milioni di euro di avanzo commerciale registrato dalla Germania rispetto ai suoi partner dell’euro nel 2012 Wolfgang Munchau sul Financial Times, cita uno studio della BCE che conferma fin dalla sua introduzione nel 1999 non è mai esistita una moneta unica nell’eurozona, perché l’euro tedesco è molto diverso da quello spagnolo o greco o italiano, a causa del diverso regime dei prezzi registrato nei rispettivi paesi. Su lavoce.info” Nell’articolo “L’Europa disunita di salari e produttività” di Cristina Tealdi e Davide Ticchi vengono mostrati gli andamenti dell’inflazione, della produttività, dei salari e del costo del lavoro per unità di prodotto, i cui differenziali hanno non poco contribuito all’indebitamento con l’estero dei paesi mediterranei (e della Francia) *DATI SURPLUS COMMERCIALE TEDESCO (Dati Eurostat), Il surplus della Germania (compresivo di scambi intra-Ue ed extra-Ue) è arrivato a 53,5 miliardi e corrisponde all’87,9% del totale dell’attivo dell’eurozona. Il resto, è dell’Olanda, con un saldo positivo di 17,1 miliardi, la Spagna, 4,4 miliardi, l’Italia, con 3,8 miliardi, l’Irlanda, con 2,9. La Grecia perde due miliardi. Banca per i Regolamenti Internazionali (BRI) ha di recente rilasciato un importante paper che si intitola proprio “Caveat creditor” (Attenti al creditore), dove mette in guardia dal surplus del conto corrente tedesco superiore al 6% del Pil fra il 2006 e il 2012 Qui gli squilibri della bilancia commerciale tra “centro” e “periferia” La Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo ed all’eurogruppo, dove si legge clamorosamente che: “in uno studio completo pubblicato nel dicembre 2012, la Commissione europea ha rilevato che gli squilibri macroeconomici osservati nell’Unione europea hanno generato una cattiva allocazione della risorse nei paesi in surplus con implicazioni negative per la crescita.” la Banca d’Italia, “non si sono ridotti gli ingenti avanzi in Germania. L’ingente avanzo della Germania si è ulteriormente ampliato, da 161,2 a 185 miliardi, il 7% del Pil”. “la somma dei surplus sul conto corrente accumulata dalla Germania fra il 2003 e il 2012 ha raggiunto il 52% del Pil, di cui poco più della metà all’interno dell’unione monetaria, dopo aver toccato il picco del 70% del Pil nel 2009 ed esser sceso al 32% nel 2012″. Secondo stime del FMI, i flussi di capitale legati ad investimenti di portafoglio, nei Paesi “core” dell’area euro (Germania ed altri Paesi nordici) passano dall’1,8% al 7,3% del PIL fra aprile 2011 e marzo 2012, mentre sul periodo fra giugno 2011 e marzo 2012, diminuiscono di più di 13 punti di PIL nei Paesi “periferici” dell’area-euro *DATI SU PRECARIETÀ E SUSSIDI DI POVERTÀ La 'Sueddeutsche Zeitung', ha pubblicato i nuovi dati dell'Agenzia federale del Lavoro, dai quali risulta che nel 2012 sono state 323mila le famiglie che hanno dovuto chiedere l'assegno di poverta', 20mila in piu' rispetto al 2009. Ancora piu' drammatica e' la situazione dei single con lavori sottopagati: dal 2009 al 2012 il numero di queste persone costrette a chiedere Hartz IV e' aumentato del 38%, salendo ad un totale di 75.600. La Sueddeutsche spiega che nella quasi totalita' dei casi i lavoratori sottopagati, con un salario orario che oscilla dai 3 ai 6 euro lordi all'ora, sono impiegati nei settori del commercio, della ristorazione e della sanita'. I nuovi dati riportano d'attualita' le polemiche sull'introduzione in Germania di un salario minimo, che il partito socialdemocratico ed i Verdi vogliono fissare a 8,50 euro l'ora, mentre a rifiutarne l'introduzione sono il partito cristiano-democratico di Angela Merkel e l'alleato liberale di governo Eurostat il 20 dicembre 2012 certifica (qui) che la Germania ha la più alta quota di lavoratori a basso reddito di tutta l'Europa occidentale (il 22.2%). È su questo che si fonda la bassa inflazione che determina la competitività tedesca La Germania oggi vanta il “record” del maggior numero percentuale di lavoratori a basso reddito di tutta l’Europa occidentale (il 22.2%, secondo Eurostat). http://www.blitzquotidiano.it/politica-europea/germania-crisi-precari-riforma-lavoro-1230049/ Il settimanale Spiegel ha pubblicato uno speciale molto critico sulla situazione sociale del paese (Spiegel on line International del 4 maggio 2013, Millions Left Behind in Boom : The High Cost of Germany's Economic Success), riportato anche dal sito italiano Il Post.it, 6 maggio 2012 “Lo Spiegel e i problemi della Germania”. In un’interrogazione parlamentare il governo ha confermato che lo stato dal 2007 al 2011 ha speso complessivamente 53 miliardi per integrare i bassi salari con Hartz IV, il sussidio sociale. Un working papers pubblicato da due studiosi del Fondo monetario internazionale dal titolo “Macroeconomic Evaluation of Labor Market Reform in Germany” conferma che nel periodo fra il 1970 e il 2005, “il tasso di disoccupazione in Germania cresce costantemente, facendo del paese uno dei esempi più lampanti di eurosclerosi”. Per risolvere il problema fra il 2003 e il 2005 il governo tedesco mette mano a una riforma epocale del mercato del lavoro, la cosiddetta riforma Hartz, che con la versione Hartz IV, approvata nel gennaio 2005, completa la rivisitazione della legislazione di settore, dalle norme del lavoro a quelle dei sussidi. Dopo una fase di assestamento, il tasso di disoccupazione passò dall’11% del 2005 al 7,5% del 2008. Il calo dei sussidi ha spinto in su l’offerta di lavoro. La deflazione salariale che ne è seguita ha rilanciato l’occupazione e quindi la produzione industriale. Allo stesso tempo il calo della disoccupazione ha permesso una riduzione delle tasse sul lavoro. Vale la pena rilevare che tutto ciò è stato reso possibile grazie a un corposo investimento governativo di svariate decine di miliardi, che ha “pagato” la riforma. I disoccupati di lungo periodo che tali sono rimasti hanno pagato il prezzo della diminuizione dei loro sussidi”. Le riforme Hartz hanno puntato alla riduzione del costo del lavoro eliminando i contributi sociali per i lavori fino a 400 euro al mese (i cosiddetti mini-jobs) e abbassandoli per quelli fino a 800 euro (i midi-jobs). Quindi hanno puntato sulla de-regolamentazione del mercato del lavoro, affidando gran parte del lavoro ad agenzie private. Il risultato di tali politiche è facilmente osservabile da un grafico elaborato dai due studiosi. Il primo riguarda i salari reali. Fatto 100 il livello dei salari nel 1992, l’indice comincia a decrescere dal 2003 in poi, data di inizio della riforma, e arriva a toccare quota 95 nel 2007, per risalire di poche unità nel 2010, senza però riuscire a recuperare quota 100. Significa che in pratica i lavorati tedeschi hanno sperimentato una riduzione reale della propria retribuzione che, a fine 2010 non arriva neanche al livello del 1992. A fronte di tale prezzo pagato, i cittadini tedeschi hanno sperimentato una crescita del Pil procapite rilevante. Fatto 100 il livello del 1992, a fine 2010 l’indice del Pil pro-capite aveva già superato 125. Ecco il famoso incremento di produttività, che di sicuro ha arricchito l’industria, ma non i lavoratori. La quota dei lavori di lungo termine si è ridotta a favore di quelli a breve. Il tasso disoccupazione per i lavori a breve termine, infatti, dopo la riforma si è ridotto dal 4,5 al 3,92%. gli aumenti Hartz dei mini e midi-jobbers http://www.voxeu.org/article/should-we-believe-german-labour-market-miracle Ecco i famosi minijobs teutonici salvati dal sussidio statale In Germania mini-job da 400 euro al mese qui, L’istituto di statistica tedesco ha misurato l’aumento della precarietà e delle forme che essa assume: tra il 1999 e il 2009, tutte le forme di lavoro atipico sono cresciute almeno del 20%. L’esercito di working poors in continua espansione non è formato unicamente da precari, ma anche da lavoratori con un contratto a durata indeterminata. Nell’agosto 2010, una relazione dell’istituto del lavoro dell’università di Duisburg-Essen ha stabilito che oltre 6,55 milioni di persone in Germania ricevono meno di 10 euro lordi all’ora, e il loro numero è aumentato di 2,26 milioni in dieci anni, lavorano più ore percependo uno stipendio inferiore, senza poter usufruire di ferie e malattie retribuite Secondo uno studio di Becker-Hauser, nel 2006 circa il 60% delle famiglie ha registrato una perdita, mentre il 40% ha guadagnato qualcosa. Un quarto ha perso completamente il diritto al sussidio. La riforma ha difatti limitato le indennità garantite dall'assicurazione contro la disoccupazione ad un solo anno, a prescindere dalla durata del rapporto di lavoro precedente. Dopodiché subentra il cosidetto sussidio di disoccupazione II (o anche “Hartz IV”). Esso consiste in una quota fissa, attualmente pari a 347 euro, l'affitto e il riscaldamento (entro certi limiti), indipendentemente da quanto il lavoratore guadagnasse prima. Cfr. questo articolo del New York Times e quest’altro di Stefano Casertano su Aspenia. *DATI SU EVASIONE FISCALE COMPETITIVA Secondo gli esperti dell'istituto Diw, tra gli effettivi guadagni e l'utile dichiarato ci sarebbe una piu' che consistente differenza. ''Se le nostre stime dovessero essere confermate, tra il 2001 e il 2008 le imprese tedesche avrebbero pagato solo il 21% di tasse sugli utili, cioe' molto meno di quanto previsto dal legislatore'', ha spiegato l'esperto di Diw Stefan Bach. Nella ricerca gli esperti hanno potuto verificare, con un certo margine di errore, un'evasione annua intono ai novanta miliardi di euro a partire dal 2000, che avrebbe toccato la cifra record di 120 miliardi di euro nel 2007. Ci sarebbe un problema nell'amministrazione fiscale, delegata ai controlli: ''A causa del personale insufficiente e della complessita' della materia, gli uffici fiscali sono in grado solo limitatamente di stabilire in maniera corretta il carico fiscale'' per le imprese. Come scrive il Sole 24 ore, l’evasione fiscale e la corruzione esistono eccome anche nella morigeratissima Germania , *DATI SU VIOLAZIONE TRATTATI EU Pubblicati sulla rivista giustamm.it (e in versione ridotta sul numero di Novembre del Foro.it Il 'Sueddeutsche Zeitung', giornale di Monaco di Baviera sottolinea che non poche aziende mantengono deliberatamente bassi i loro salari, invitando contemporaneamente i loro dipendenti a far ricorso all'aiuto dello Stato. Stefan Sell, professore di diritto del Lavoro all'universita' di Coblenza, dichiara alla Sueddeutsche che queste aziende "socializzano a spese dei contribuenti una parte dei loro costi del lavoro, procurandosi cosi' anche un vantaggio rispetto ad altre imprese che si comportano normalmente". Dalla stessa Germania arriva la conferma di questo sistema di violazione dei trattati a danno degli altri Stati UEM. e dei propri stessi cittadini. Attraverso i subappaltatori Daimler impiega lavoratori con un salario così basso da rendere necessario un sussidio Hartz IV (aufstocken) per poter tirare avanti. Di fatto Daimler finanzia la produzione delle sue auto di lusso con il denaro dei contribuenti. Il contribuente tedesco ogni anno deve pagare 8.7 miliardi di Euro affinché persone come "Jürgen“, che guadagnano con un lavoro a tempo pieno 991 € netti al mese (1.220 € lordi), debbano ricevere 1.550 € di sussidio da parte dello stato. Soprattutto se le imprese annunciano nuovi bilanci con profitti record." Si tratta di una prassi diffusa: cioè, non semplicemente "compatibile" col sistema di labour-welfare protezionistico predisposto proprio a scopi di questo tipo, una volta entrati nell'euro, ma implicitamente incentivata e condivisa dai vari settori industriali tedeschi. * (ALCUNI) DATI SU AUSTERITÀ CONTROPRODUCENTE
Evidenze empiriche dimostrano qui, qui, qui e altrove che tagliare la spesa ha un effetto distruttivo sul PIL e tagliare le tasse non basta a far riprendere l’economia (qui); anche ricercatori della BCE dimostrano qui che l’austerità fa male ai conti pubblici; Il World Economic Outlook dell’Ocse , Holland e Portes qui, Ball, Leigh, Loungani, Guajardo, Pescatori, Coenen, Erceg, Roberto Perotti qui e il Roosevelt Institute qui, contro le politiche di austerità in una fase di recessione. *DATI SUGLI ERRORI DELLA GERMANIA CHE LE SI RITORCONO ECONOMICAMENTE CONTRO Il boomerang della recessione colpisce Berlino, Deterioramento delle condizioni dell’economia della Germania di cui si intravedono evidenti segni QUI *DATI SU CALO INVESTIMENTI INTERNI Il Fondo Monetario Inernazionale fornisce stime che vedono per la Germania una crescita “debole” pari allo 0,3% nel 2013, Lo Spiegel ci dice che la politica di repressione degli investimenti interni rischia di compromettere la crescita futura La Germania ha un tasso di investimento fra i più bassi d’Europa Wolfgang Munchau L'Istituto Tedesco per la Ricerca Economica (DIW) ha presentato uno studio che dimostra che la Germania non è affatto l'economia egemone in Europa. Secondo lo studio, la Germania "si sta ammazzando di risparmio". L'istituto di Berlino punta il dito sulla carenza cronica di investimenti come la causa principale di scarsa produttività. Sia lo Stato che il settore privato spendono troppo poco in infrastrutture, istruzione, impianti produttivi e macchinari. “A dispetto di tutti i successi degli anni passati, la Germania non ha creato alcuna base di investimenti per assicurarsi una crescita robusta,” concludono i ricercatori. In altre parole, la Germania sta consumando le proprie riserve. I ponti sono fatiscenti, le fabbriche e le università sono in deterioramento, e non si spende nemmeno abbastanza per mantenere le reti telefoniche. Tutto ciò si ripercuote in un massiccio impoverimento del paese, secondo i calcoli del DIW. La carenza di investimenti si sta ancora ampliando. La quota degli investimenti, ossia la proporzione del prodotto nazionale impiegato per fare investimenti, è in declino da anni. Nel 1999 era ancora al 20%, ma oggi è scesa ad appena il 17%. Gli investimenti mancati di ieri sono una perdita di prosperità di oggi. “Dal 1999, gli investitori tedeschi hanno perso qualcosa come 400 miliardi di euro per via di cattivi investimenti all'estero.” Un pacchetto d'investimento da 75 miliardi di dollari all'anno non solo aiuterebbe ad alimentare la crescita interna, ma sarebbe anche “di aiuto per l'economia spagnola e quella italiana,” dice il capo del DIW, Marcel Fratzscher. Hans-Werner Sinn sul Financial Times luglio 2013 La Germania, sotto l'euro, è stata il più grande esportatore di capitali ed è caduta in una fase di profondo ristagno. Solo un terzo dei suoi risparmi sono stati investiti in patria. Come risultato, durante i primi anni dell'euro, i suoi investimenti netti e la sua crescita sono stati ai minimi in Europa. Quando l'euro é stato annunciato nel 1995, il PIL pro-capite della Germania era al secondo posto nell'Eurozona. L’istituto nazionale di statistica tedesco ha diffuso i dati sul Pil del primo trimestre 2013, ed è venuto fuori che la Germania è cresciuto di un risicato 0.1%. Meglio, certo, del -0,7% registrato nell’ultimo trimestre 2012. Tutte le componenti del Pil sono in calo. La domanda interna delle famiglie è scesa dai 387,94 miliardi dell’ultimo trimestre 2012 a 369,75. La spesa per consumi del governo dai 139,34 miliardi dell’ultimo trimestre 2012 a 129,04. La quota degli investimenti lordi conferma “il trend negativo del 2012″, scendendo a 114,66 miliardi dai 120,84 del primo trimestre 2012″ Il recente lavoro dell’OCSE, Economic Survey of Germany, constata che dal 2001 gli investimenti tedeschi sono rimasti costantemente ben al di sotto del livello delle 7 maggiori economie (e non solo a causa delle bolle degli anni 2000 in USA e Regno Unito). Perfino il piccolo miracolo dell’occupazione e il boom dell’export iniziati nel 2003 non sono stati sufficienti a indurre le imprese tedesche ad aumentare gli investimenti – e gli investimenti in infrastrutture pubbliche sono stati persino più scarsi La conseguenza di questa carenza di investimenti, scrive sul Financial Times Adam Posen, è che l’incremento di produttività registrato in Germania è stato più basso rispetto ai suoi competitor e dunque le aziende tedesche riescono a competere solamente riducendo i salari e dislocando le produzioni all’Est La Bundesbank ha rivisto al ribasso le stime di crescita per questo e per il prossimo anno (0,3% invece di 0,4% per il 2013, e 1,5% invece di 1,9% per il 2014), Una asfittica partecipazione degli investimenti al PIL tedesco *DATI SU MINOR EXPORT VERSO I GIPSI Secondo i dati forniti dall’Ufficio federale di statistica tedesco (Destatis), le esportazioni sono calate a maggio 2013 complessivamente del 2,4%, la più vistosa contrazione delle esportazioni tedesche dal dicembre 2009. ormai pesa solo per il 36% sull’eurozona, ossia 34,5 miliardi. Il resto del proprio export i tedeschi lo piazzano negli altri paesi Ue fuori dall’euro (il 19,4%) e nei paesi terzi, il 44,1%. Se guardiamo i dati su un orizzonte di tempo più lungo, quindi il quadrimestre gennaio-aprile 2013, vediamo che l’eurozona ha assorbito 137,7 miliardi di esportazioni a fronte del totale di 366,3, più o meno il 37%. Un dato che è in calo del 2% rispetto al primo quadrimestre 2012. l crollo del 2% fra il primo quadrimestre 2012 e quello 2013 dell’export dell’eurozona colloca il totale della crescita dell’export tedesco nei due quadrimestri considerati verso un risicato 0,9%. La somma dei surplus sul conto corrente accumulata dalla Germania fra il 2003 e il 2012 ha raggiunto il 52% del Pil, di cui poco più della metà all’interno dell’unione monetaria, dopo aver toccato il picco del 70% del Pil nel 2009 ed esser sceso al 32% nel 2012. Qui i conti con l’estero Le esportazioni si sono ridotte drasticamente (su base annua si registra un calo del -4,2%, dovuto principalmente alla contrazione del -7% dell’export verso l’eurozona. Anche i tedeschi iniziano ad avvertire i primi effetti delle politiche di austerità. *DATI SU BANCHE TEDESCHE IN CRISI Draghi secondo i dati che lui possiede e che sono stati elaborati dal centro studi di Mediobanca nei portafogli dei maggiori istituti con sede in Germania ci sono derivati per circa mille miliardi di euro contro i 177 miliardi dell'Italia Per Panorama e la stessa Repubblica, la Germania ha una esposizione al credito inesigibile americano abnorme ed una sofferenza nel settore periferico dell’Eurozona pari a 704 miliardi di dollari (circa 550 miliardi di euro al cambio attuale). L'Ocse stabilisce che “gli istituti francesi e tedeschi sono i più sottocapitalizzati, e i loro soci dovrebbero rafforzarli per una parte significativa dei 400 miliardi di euro di fabbisogno che l'istituzione sovranazionale ha riscontrato.” Deutsche Bank è una delle maggiori banche mondiali. Ma è anche una delle più sottocapitalizzate. Il modo più corretto per valutare l’adeguatezza del capitale di una banca è misurare la “leva ” (leverage ratio), cioè mettere a confronto il bilancio complessivo della banca con la sua dotazione di capitale. Simon Johnson, ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale e oggi al Peterson Institute, ha fatto questo esercizio. E il risultato è questo: le attività di Deutsche Bank ammontano a 2.241 miliardi di euro, a fronte di un capitale di 55,75 miliardi di euro. In altre parole, il capitale di Deutsche Bank ammonta a poco meno del 2,5% rispetto agli assets della banca. Che è come dire che perdite del 3% sul totale del portafoglio della banca sarebbero più che sufficienti ad azzerare il capitale della banca. Ossia a farla fallire. Né più né meno di quanto è successo a Lehman Brothers, la banca d’affari americana fallita nel 2008. Nell’anno 2009 l’ente di controllo e sorveglianza, il BaFin, calcolava un totale di 355 miliardi di euro a rischio di insolvenza del settore bancario pubblico. *DATI SU DISEGUAGLIANZA TRA I REDDITI
Uno studio di Brookings in uscita (“Germany: global miracle and European challenge”) spiega che il livello di diseguaglianza tra i redditi dei tedeschi è superiore a quello di diversi Stati americani. *DATI SU STANDARD RETRIBUTIVO L’Ufficio Centrale di Statistica e la Bundesbank.. Il primo ci dice che nel primo trimestre del 2013 il costo del lavoro orario è aumentato del 3,9% rispetto al primo trimestre 2012, il più alto valore dal secondo trimestre del 2009 e il secondo risultato più rilevante dall’inizio delle serie statistiche del 1997.. La media europea di incremento del costo del lavoro fra il 2011 e il 2012 è stata dell’1,6%, a fronte del 2,7% tedesco. La crescita del costo del lavoro tedesco, in pratica, è stata la più alta dell’eurozona. Un trend crescente di costo del lavoro che, nota la Bundesbank ”sta avendo un impatto molto importante sul trend generale dell’economia”. I lavoratori guadagneranno di più, la domanda interna è destinata a crescere. “Tutto ciò è dovuto principalmente alla accelerazione dei salari, che sta facendo crescere i costi e incrementando la domanda.”. L’occupazione in Germania è salita anche in presenza di una diminuzione del Pil, grazie alle pratiche di riduzione dell’orario di lavoro Il principale sindacato tedesco, la IG Metall, ha chiesto un incremento salariale del 6,5% nella prossima tornata negoziale annuale e i lavoratori del settore pubblico tedesco a fine marzo hanno strappato un accordo che prevede aumenti salariali del 6,3% nei prossimi due anni. La “regola aurea dei salari“ (i salari nominali in ogni Paese crescano ad un tasso uguale alla crescita nazionale della produttività nel medio periodo, più il tasso di inflazione stabilito dalla Banca centrale), *DATI SU RIEQUILIBRIO
L’unica terapia efficace, sostenuta anche nel World Economic Outlook dell’Ocse qui il 27 novembre 2012, e dai proff. Krugman, Bibow, Cooper, Cesaratto, Stiglitz, Brancaccio, Bagnai, Coats, Stirati, De Nardis qui , Strauss-Kahn, Fantacci qui Granville, il Premio Nobel James Mirrless, Ian Bremmer e Roubini , Realfonzo, Axel Troost, Stefan Collignon, Werner Sinn, Hetzel della FED ,et al. è che ora questi Paesi in surplus come la Germania riequilibrino la situazione, facendo crescere l’inflazione, la domanda interna e i salari ed esportando di meno. La Banca dei regolamenti internazionali ha di recente rilasciato un importante paper che si intitola “Caveat creditor” (Attenti al creditore), Provocare situazioni deflazionare nei paesi in deficit, sottolinea l’autore, è pericoloso, perché rende più difficoltoso pagare i debiti e, alla lunga, può danneggiare i paesi creditori. E’ fondamentale che i paesi creditori si assumano le loro responsabilità, individuando soluzioni cooperative per risolvere gli squilibri *DATI SU +DOMANDA
Un recente studio di Natixis afferma che dal 2009, «un modello completamente diverso» sarebbe emerso dopo la crisi dei subprime, «basato sulla domanda interna». Da allora i salari starebbero crescendo più velocemente della produttività, la competitività starebbe «peggiorando», gli investimenti starebbero rallentando, le esportazioni starebbero diminuendo e quote crescenti di Pil sarebbero sostenute dai consumi, favoriti dal tassi storicamente bassi di disoccupazione e da robusti aumenti salariali. Di questo passo, afferma il rapporto, nel 2015 la redditività della Germania «sarà tornata ai livelli del 2000» e nel 2020 , il costo del lavoro relativo, paragonato al resto dell'eurozona, sarà tornato anch'esso «ai livelli del 2000». Una buona notizia per il resto d'Europa, conclude Natixis, che rende la Germani «più cooperativa». Il Fmi scrive che nel 2012 «i consumi sono cresciuti in modo robusto, la disoccupazione è circa ai minimi dalla riunificazione e i salari sono aumentati più dell'inflazione». “Non sarebbe inappropriato – scrive il Fmi – che i salari reali crescessero. Ciò aiuterebbe a migliorare la labor share della ricchezza nazionale e aiuterebbe la domanda domestica, rendendo l’economia meno vulnerabile agli shock esterni”. * DATO STORICO SU HITLER E DEFLAZIONE Crisi tra le due guerre mondiali. 1919-1939, Il Mulino. Franco Pinerolo Settembre 2013
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