Modena: Carcere. Casa lavoro Castefranco Emilia (MO), visita diritti. Basta ergastolo bianco. Garante detenuti: ripensare misure detentive. Mori: nostro contributo per vero reinserimento
Un fortilizio, voluto nel 1626 da Papa Urbano VIII per difendere i confini dello Stato Pontificio, circondato da mura di cinta imponenti, che già nel 1805 perse di importanza strategica e venne trasformato in casa di pena. È la Casa lavoro e di reclusione a custodia attenuata di Castelfranco Emilia, nel modenese, un carcere a tutti gli effetti, dove però non c’è il lavoro, ovvero l’attività per la quale è stata pensata e istituita. La struttura di Castelfranco è composta da due distinte sezioni, di cui una per detenuti definitivi tossicodipendenti e la seconda per internati (soggetti sottoposti ad una misura di sicurezza detentiva), e registra la presenza di 102 soggetti (96 internati e 6 detenuti), principalmente di origine lombarda (24) e campana (24), mentre gli emiliano-romagnoli sono solo 5 e 16 gli stranieri.
Una delegazione di consiglieri regionali, in gran parte della commissione Parità e diritti delle persone - Giuseppe Boschini (Pd), Gabriele Delmonte (Ln), Tommaso Foti (Fdi), Andrea Liverani (Ln), Barbara Lori (Pd), Daniele Marchetti (Ln), Francesca Marchetti (Pd), Nadia Rossi (Pd), Luca Sabattini (Pd), Luciana Serri (Pd) e Yuri Torri (Sel) -, accompagnati dalla Garante regionale delle persone private della libertà personale, Desi Bruno, e dalla presidente della commissione, Roberta Mori, ha visitato ieri la struttura. Gli internati hanno manifestato ai componenti la delegazione il loro disagio e la loro frustrazione, in particolare per l’incertezza del fine pena, e le loro richieste sono emerse chiare durante l’incontro: “L’ergastolo bianco deve cessare”; “Quale casa lavoro? Che lavoro faccio qui?”; “Non voglio uscire di qui già vecchio”; “Proroghe, proroghe, solo proroghe”. Chi è soggetto a questo tipo di misure, un migliaio in tutta Italia, è reduce da anni di carcere e si ritrova, nonostante la pena già scontata, di nuovo in carcere. All’interno della casa lavoro ci sono diverse serre, adibite a coltivazioni agricole, delle stalle in cui si allevano bovini, ci sono poi un vigneto e un impianto destinato all’apicoltura. I terreni lavorati ricoprono una superficie di 22 ettari. I prodotti agricoli vengono venduti all’esterno. È inoltre presente una falegnameria, non funzionante per motivi di inagibilità degli stabili, e una lavanderia, attualmente ferma per un guasto alle attrezzature. In un’area da poco ristrutturata è attivo uno spazio pedagogico, con una biblioteca e aule rivolte ai soggetti che devono concludere la scuola dell’obbligo. La Garante, Desi Bruno, ha rilevato “la necessità di arrivare ad un ripensamento delle misure di sicurezza detentive applicate nell’istituto”, proponendone l’abrogazione: “Le casa di lavoro- ha sottolineato- rappresentano il conclamato fallimento della funzione rieducativa della pena e forniscono una risposta di tipo esclusivamente segregante ed emarginante a domande di tipo eminentemente assistenziale e sanitario”. “La struttura penitenziaria di Castelfranco- ha aggiunto- pone una serie di criticità, la prima legata alla presenza nel nostro ordinamento delle misure di sicurezza detentive, come appunto la casa lavoro, che possono essere prorogare a tempo indeterminato, c’è quindi discrasia con la disciplina relativa al superamento degli Opg: il legislatore se ne deve occupare. C’è anche un problema di scarso utilizzo della sezione a custodia attenuata per i tossicodipendenti, pur essendoci ancora una percentuale elevata nelle nostre carceri di persone con queste problematiche. E poi c’è il problema di inutilizzo di un patrimonio immobiliare e agrario di dimensioni considerevoli, che va via via deteriorandosi, su questo l’amministrazione penitenziaria è in assoluto ritardo, è necessario che venga fatto un intervento strutturale per decidere cosa fare”. Per il direttore della Casa lavoro, Gianluca Candiano, “la pericolosità sociale è presente solo in parte, le misure sono applicate principalmente a soggetti indigenti, privi di riferimenti familiari e abitativi”. L’obiettivo è programmare una territorializzazione delle misure di sicurezza, “è fondamentale- ha sottolineato Candiano- il rapporto degli internati con il territorio di origine per reintegrare i soggetti in una attività lavorativa”. Per il direttore, la struttura di Castelfranco non ha le caratteristiche adatte al compito che ricopre attualmente, dovrebbe “essere trasformata in casa di reclusione a trattamento avanzato, rivolta a soggetti in esecuzione di pena, non pericolosi”. Candiano ha poi parlato del problema della “scarsa progettualità, causata dalle insufficienti risorse: nell’ultimo anno i tagli sono stati pari al 40%. È stato pubblicato un bando dalla Regione Emilia-Romagna- ha concluso il direttore- per sei distinti progetti collegati alla struttura, che vorrebbero coinvolgere soggetti privati, spero che le iniziative vadano in porto”. Il medico della struttura ha parlato di “problematiche psicopatologiche che coinvolgono numerosi ospiti”, ricordando che i detenuti “si vedono senza sbocchi, parcheggiati in attesa di qualcosa che non arriva mai”. Infine, il sanitario ha riferito di diverse minacce di suicidio da parte degli internati e dei detenuti e scioperi della fame in atto. Al termine della visita, la presidente della commissione Parità e diritti delle persone, Roberta Mori, ha rimarcato la volontà di “dare un contributo istituzionale e politico per l’attivazione di un vero percorso di lavoro di reinserimento per soggetti che hanno un diritto ma non possono esercitarlo fino in fondo, perché non ci sono le opportunità”. “Quella di Castelfranco- ha aggiunto- è una struttura complessa ma con tante potenzialità, crediamo che l’amministrazione penitenziaria debba assolutamente investire nel progetto di rilancio della casa lavoro e che possa anche rassicurarci in termini sociali, sia nelle aspettative dei soggetti che oggi vi risiedono ma anche per l’obiettivo che la società vuole, che la pena sia rieducativa”. Il consigliere Tommaso Foti (Fdi) ha rimarcato l’importanza della visita, “per rendersi conto della situazione dei detenuti. L’elemento che manca di più è il lavoro, gran parte dei detenuti, che ovviamente aspirerebbe a poter lavorare, il lavoro non ce l’hanno, quindi deve essere ripensato in parte il modello gestionale e probabilmente anche il modello strutturale. A questo aggiungiamo che sarebbe necessario che le misure di sicurezza non venissero reiterate in modo inopportuno”. Per Daniele Marchetti (Ln), “è una casa lavoro che non dà possibilità alle persone che sono ospitate di lavorare e di riuscire a reintegrarsi nel tessuto sociale, manca una visione strategica a livello nazionale, situazione che come Regione dobbiamo cercare di risolvere”. Per Yuri Torri (Sel), “la visita di oggi ha toccato nel profondo tutti i commissari che hanno partecipato. Da un lato credo sia emerso con drammatica evidenza l’effetto di un certo modo di affrontare la crisi, che ha acuito le differenze tra chi aveva tanto e chi aveva poco, dove gli ultimi sono diventati sempre più ultimi, dall’altro invece siamo davanti a uno scenario di inerzie e di inefficienze riferite al sistema, che la Regione può aiutare a correggere e migliorare, organizzando il lavoro degli enti locali e coinvolgendo le Regioni con scarsa recettività”. “Oltre allo spreco dato dalla non valorizzazione di un patrimonio immobiliare importante- ha affermato Luciana Serri (Pd)- si genera un fallimento rispetto al percorso di reinserimento. Inoltre, vi è uno scarso collegamento con il Sert e il Centro di salute mentale, mentre è certamente fondamentale arrivare alla territorializzazione della pena e alla possibilità di lavorare per chi è all’interno della struttura”. (Nelle foto allegate, l'ingresso della Casa lavoro e i consiglieri regionali durante la visita alla struttura di Castelfranco Emilia) (cr) Prot. N. 1024/2015 Data 04/06/2015
Modena: Sanita' Modena Gibertoni (M5S): acquisto ausl di Villa Fiorita, giunta attivi indagine interna e trasmetta atti a corte dei conti e garante appalti pubblici
In una interrogazione rivolta alla Giunta, Giulia Gibertoni (M5s) chiede di avviare "da subito un’indagine interna per ricostruire tutti i passaggi che hanno riguardato l’acquisto da parte dell’Asl di Modena di Villa Fiorita" e, "alla luce di presunti illeciti che potrebbero configurarsi, trasmettere tutti gli atti relativa alla vicenda alla Procura della Corte dei Conti regionale e alle altre autorità competenti compresa l’autorità garante sugli appalti pubblici". La consigliera chiede anche quali provvedimenti la Giunta intenda intraprendere "nei confronti dell'impresa e della filiera tecnica che ha presieduto all'intero - disastroso – procedimento e se non ritenga opportuno rivedere i trasferimenti in atto all’Ausl di riferimento alla luce dello spreco che si è realizzato fino ad oggi di risorse pubbliche". Gibertoni, a questo proposito, ricorda che "si sono spesi oltre 13 milioni di euro (tra acquisto dell'immobile, lavori, consulenze, affitti pagati ecc.) per un'operazione il cui obiettivo dichiarato - fin dall'acquisto nel 2004 - era di eliminare una spesa di 500.000 euro l'anno, che all’epoca veniva pagata per l’affitto della sede del Distretto sanitario di Sassuolo. Obiettivo clamorosamente fallito". La consigliera chiede di fare chiarezza "anche sulla vicenda del vecchio ospedale di Sassuolo, quasi del tutto abbandonato da un decennio, e comunque fonte di spese". (Tutti gli atti consiliari – dalle interrogazioni alle risoluzioni, ai progetti di legge – sono disponibili on line sul sito dell’Assemblea legislativa al link: http://www.assemblea.emr.it/attivita-legislativa) (cc) Prot. N. 1034/2015 Data 05/06/2015
Modena: Assemblea er Luciana Serri a Modena a assamblea generale confidustria
La consigliera Luciana Serri rappresenterà l’Assemblea legislativa regionale all’Assemblea generale di Confindustria Modena, in programma lunedì 8 giugno, alle ore 18, al Forum Guido Monzani di via Aristotele 33, a Modena. (cc) Prot. N. 1035/2015 Data 05/06/2015
Modena: Sanita' Modena. Su villa Fiorita risposta capziosa e omissiva, Gibertoni (M5S) alla giunta: serve maggiore chiarezza, dalle carte percorso non virtuoso
La consigliera Giulia Gibertoni (M5s) con un secondo atto ispettivo torna a interrogare la Giunta regionale su Villa Fiorita di Modena. A suo avviso, infatti, “il confronto tra la risposta fornita dall’ assessorato competente a una precedente interrogazione e i dati ricavabili dalla documentazione ricevuta pone con forza il problema dell'attendibilità delle risposte fornite”. “A fronte della domanda sui costi sostenuti per la realizzazione dell'intervento di Villa Fiorita,- scrive la consigliera- l'assessorato, con esplicito riferimento al certificato di collaudo (e al netto dell'Iva), asserisce che rispetto ai 2.857.500 di euro posti in gara, l'importo accertato dal collaudatore a fine lavori era di 2.355.905 euro, con ciò evidenziando un risparmio e quindi una pratica virtuosa nella condotta dei lavori. Ma l'attenta lettura del certificato di collaudo nella sua interezza evidenzia- aggiunge Gibertoni- che i lavori sono stati sì posti in gara per 2.857.500 euro, ma aggiudicati con un eccezionale ribasso, ritenuto congruo, del 49,086 per cento. Il costo finale dell'opera doveva quindi essere di 1.479.420. Ma due perizie (sempre elencate nel certificato di collaudo, ma ‘sfuggite’ all'attenzione dell'assessorato) hanno poi fatto lievitare i costi, pare oltre ogni limite di legge, di ben 876.484 euro, raggiungendo la cifra esposta dall'Assessorato: si è perciò delineato un percorso tutt'altro che virtuoso e tale da ingenerare il sospetto che attraverso le perizie l'Impresa abbia ‘recuperato’ un bel po' del ribasso offerto, la cifra indicata di 2.355.905 euro corrisponde, infatti, a un ribasso del 18 per cento circa”. Alla domanda "qual è stato il costo sopportato dall'Azienda USL per le prestazioni professionali", “l’assessorato- segnala la consigliera- risponde asserendo che queste sono state a carico della società immobiliare Villa Fiorita SrL e pertanto non ne dà conto”. “Certo è vero- rileva Gibertoni- che le spese sono state a carico della società, come peraltro i lavori, ma si tace il fatto che la società è posseduta al 100 per cento dall'Ausl di Modena, la sua sede legale è presso la sua direzione generale e il suo amministratore unico è un dirigente della stessa Ausl”. La società, inoltre, “come si desume dal verbale del libro decisioni soci del 26 novembre 2009, per realizzare l'opera ha impegnato anche 442.000 euro (Iva inclusa) per incarichi professionali per progettazione e direzione lavori”. La risposta dell'assessorato, stigmatizza la consigliera, “risulta capziosa e omissiva, rispondendo ‘alla lettera’ alla richiesta dei consiglieri regionali quando invece era chiaro che si voleva avere contezza di quanto danaro pubblico fosse stato utilizzato per realizzare l'opera comprendendovi le spese tecniche. In sintesi a fronte dei 2.355.905 euro dichiarati in conto spese sostenute, le cifre reali sono superiori per centinaia di migliaia di euro”. Gibertoni, che porta poi altri esempi di risposte a suo giudizio ”manchevoli” rispetto a interrogativi sempre su questa struttura, chiede infine alla Giunta quale giudizio esprima su questa vicenda e se non ritenga opportuno "avviare un’attenta analisi nel rispondere agli atti di sindacato ispettivo per evitare simili atteggiamenti e si espongano i fatti nella loro chiarezza e esatta consistenza". (Tutti gli atti consiliari – dalle interrogazioni alle risoluzioni, ai progetti di legge – sono disponibili on line sul sito dell’Assemblea legislativa al link: http://www.assemblea.emr.it/attivita-legislativa) (ac) Prot. N. 1040/2015 Data 05/06/2015
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